Maurizio Geri Swingtet – Manouche e dintorni

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Manouche e Dintorni

- Maurizio Geri OFFICIAL WEB -

Manouche e dintorni (Felmay 1998, fy 8010)

manouche e dintorni

  1. Anatroccolo (M.Geri) -4,12
  2. Rapido per Algeri (M.Geri) – 4,16
  3. Algeri  (A.Balia/M.Geri) – 4,10
  4. Speranze perdute (A.Morelli) 4,26
  5. I’m out of here (C.Brashear) 5,46
  6. Daphne/Djangology/Tiger rag (D.Reinhardt, N.La rocca) – 8,01
  7. Tears (D.Reinhardt) – 6,48
  8. Sogno di valzer (M.Geri) – 3,22
  9. Pierino (M.Geri) – 3,30
  10. Crapa pelata (K.Gorni) – 3,10
  11. Nuages (D.Reinhardt) – 7,06

Fra i meno frequentati di un autore insigne, prolifico, intensamente trafficato e perfino saccheggiato quale Duke Ellington, “Gipsy Whitout a Song” (1938) lo si ricorda come un brano visitato da malinconia, forse anche ironico, forse addirittura polemico; il Duca lo sapeva benissimo: non si è mai visto uno zingaro senza canzone.

È anzi inebriato di musica, di chitarre, di sole e di nacchere come una cicala esausta al crepuscolo allorchè tramanda al grillo il dominio canoro del cielo. Anche perché nelle idee ricevute, addirittura nei luoghi comuni esso ci appare un picaro, un pellegrino o un borseggiatore dell’immaginazione, ladro di stelle e di musica e d’incantamenti.

Luoghi comuni si è detto: il jazzista zingaro e consumatore di suole e tacchi, instabile perfino, a volte, nella vita è un’immagine che non ci da tregua e che ci affascina. Ce lo figuriamo impeccabile tarpinatore di quel mondo senza terra e senza tempo che ci piacerebbe chiamare… che so.. Monklandia…Un paese senza patrie o confini tracciati col coltello che consente gli ultimi viaggi visionari, là dove il mondo sembra viceversa non aver più visioni né parole d’amore; in cui è ancora possibile sorprendersi mentre imperversa l’omologazione vietata al pulsare delle extrasistole, dov’è infine facile intoppare Bird e Dizzy e Chet e Gerry, Thelonius, appunto e Duke e Django, giacchè il potere lo detiene ancora fantasia più onirica. Forse l’unico che si può attraversare pillaccherando con l’attiva pigrizia del “cat” alla ricerca di un’alba dipinta sui muri, magari vagando in fondo al culacciolo di un fiasco nell’intento di arrivare dove non si è mai stati.

Il toscanissimo Maurizio, dal temperamento gipsy, ama Django, ama il Jazz, ma sa che ha il dovere oltre al desiderio di piegarlo alle proprie esigenze espressive. E come toscano ha in testa l’odore del mare, i colori di una campagna esaltata dalla pittura del Rinascimento, da Piero Della Francesca al Ghirlandaio, l’olive e il vino rosso e il cacciucco e i ponci alla livornese; e i pomeriggi assolati del Fattori. I brani dello Swingtet ci appartengono come appartengono al jazz, al caro vecchio swing.

Afo Sartori